Quante volte ve l’ho detto? La diagnosi precoce di tumore al seno consente di salvare la vita di una donna, anticipando le cure ed aumentandone la sopravvivenza. Ciò è reso possibile dallo screening mammografico in tutte le donne dai 40 anni in su, indipendentemente dal loro stato ormonale.
Molto spesso però, a questa età il seno risulta ancora denso e ricco in ghiandola, e la mammografia bidimensionale potrebbe non consentire un’esatta diagnosi. È per questo che già da diversi anni, si è passati all’utilizzo della Tomosintesi, una mammografia tridimensionale che riduce o elimina l’effetto di sovrapposizione dei tessuti, tipica delle immagini classiche a due dimensioni, sfruttando l’acquisizione delle immagini da diverse angolazioni e la loro successiva ricostruzione spaziale.
In parole più semplici, la Tomosintesi serve a studiare meglio i seni densi, fibro-ghiandolari, riuscendo a scovare noduli “nascosti”, altrimenti non visibili nella mammografia a due proiezioni, o ancora, consente di riconoscere come “non noduli”, immagini false legate alla sovrapposizione dei tessuti della mammografia semplice, evitando così controlli ravvicinati e biopsie inutili.
Come per la mammografia convenzionale, la tomosintesi si esegue comprimendo la mammella tra due piani, consentendo al tubo radiogeno, che esegue movimenti oscillanti, di ottenere immagini da più angolazioni. L’esame, e quindi l’esposizione ai raggi X, dura pochi secondi in più rispetto ad una mammografia 2D, ma se si pensa che ha una sensibilità maggiore rispetto a quest’ultima risulta chiaro che serve anche a ridurre il numero di controlli più ravvicinati o mirati che aumenterebbero l’esposizione ai raggi X.
Come per la mammografia, non serve alcuna preparazione all’esame. Ogni donna dai 40 anni può eseguirla entro il quattordicesimo giorno del ciclo ovarico. La donna in menopausa può eseguirla in qualsiasi momento.