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Il ruolo delle protesi mammarie nella ricostruzione della mammella post-mastectomia

Dover ricorrere ad una mastectomia a causa di un carcinoma mammario è sempre un’esperienza che segna la vita di una donna, colpendo uno dei simboli cardine della propria femminilità. Nella maggior parte dei casi, la “ferita” fisica e psicologica della mutilazione può essere sopperita dalla ricostruzione del seno, che oggigiorno è considerata parte integrante della cura del cancro, tanto che in Italia, l’intervento di chirurgia plastica e ricostruttiva post-mastectomia, è a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Quando possibile, si effettua la ricostruzione mammaria già nel corso dell’intervento per l’asportazione del tumore. Non esistono però regole assolute e in molti casi può essere opportuno rimandare questa fase ad un momento successivo.

La ricostruzione mammaria dopo mastectomia avviene utilizzando generalmente delle protesi, caratterizzate da un involucro esterno in silicone costituito da più foglietti ed un contenuto in gel di silicone coeso. Prima di intervenire inserendo le protesi, è necessario creare una tasca contenitiva capace poi di accogliere la protesi definitiva. Tale procedura prevede la collocazione di un dispositivo chiamato espansore al di sotto del muscolo grande pettorale, una sorta di protesi vuota che verrà gradualmente riempita con soluzione fisiologica ogni settimana, permettendo l’espansione della tasca e dei tessuti sovrastanti, facilitando così il successivo posizionamento della protesi definitiva.

In genere, l’espansore resta in sede durante tutta la durata delle terapie adiuvanti e viene sostituito in media entro l’anno dall’intervento.

Il dispositivo sarà riempito gradualmente con soluzione fisiologia nelle settimane successive fino al raggiungimento di un volume in grado di ospitare l’impianto in silicone.

Oltre all’inserimento della protesi mammaria al posto del seno asportato, l’intervento di chirurgia ricostruttiva prevede anche il perfezionamento della mammella controlaterale non colpita dal tumore. Infatti, per rispettare la simmetria con il seno portatore di protesi, si provvede ad alzare anche l’altro con una procedura chiamata mastopessi.

Per quanto concerne invece la sicurezza delle protesi dopo una mastectomia radicale, in passato si è più volte supposto che, a causa della presenza di un corpo estraneo, l’organismo fosse più esposto ad un aumentato rischio di recidiva. Nel tempo però, studi scientifici hanno escluso la relazione tra carcinoma mammario e protesi al seno. Non c’è infatti alcuna prova che gli impianti mammari provochino recidiva del tumore.