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L’evoluzione della Mammografia: la Tomosintesi

Ancora oggi l’esame di screening di primo livello per la prevenzione del tumore al seno è la mammografia.

Tuttavia, una metodica più recente e già molto diffusa negli ultimi anni è la Tomosintesi.

Essa permette uno studio stratigrafico della mammella, consentendo la valutazione delle caratteristiche di tumori estremamente piccoli anche nei seni più densi, con un’efficacia maggiore rispetto alla mammografia convenzionale.

Anche definita come mammografia 3D, la tomosintesi è l’evoluzione della classica mammografia bidimensionale. L’esame permette infatti di mettere a fuoco separatamente i diversi strati del tessuto mammario permettendo così di evidenziare con maggiore probabilità possibili lesioni mammarie anche di piccole dimensioni.

Per la tomosintesi si utilizza un tradizionale mammografo, con un tubo radiogeno rotatorio che, con angolazioni diverse, consente di acquisire più immagini del seno, successivamente rielaborate da un computer attraverso un algoritmo analogo a quello impiegato in TC.

In caso di un sospetto diagnostico evidenziato in un primo momento dalla mammografia convenzionale, associare la tomosintesi all’esame in 2D permette di accertare tumori in fase molto precoce. Questo accade grazie all’acquisizione di immagini stratificate, che determina una riduzione del rischio di diagnosticare false immagine, legate alla sovrapposizione dei tessuti mammari.

La tomosintesi viene acquisita a mammella compressa nelle proiezioni mammografiche standard. Sebbene al costo di una dose lievemente maggiore rispetto alla mammografia digitale, l’esecuzione della tomosintesi può limitare il numero di proiezioni aggiuntive o di compressioni mirate, in caso di dubbio diagnostico.

L’esame consente di disporre di immagini tridimensionali con un tempo di acquisizione inferiore rispetto alla mammografia, con un minor schiacciamento del seno e conseguente riduzione del fastidio legato alla compressione.

Questo “trucco” permette di ridurre del 40% circa il richiamo di falsi positivi, abbattendo i costi e

soprattutto l’ansia delle pazienti, ma non solo. Riduce infatti anche l’esecuzione di esami di secondo livello, come agoaspirati e RMN della mammella.

A proposito, chi l’ha detto che le donne portatrici di protesi al seno non possono sottoporsi allo screening mammografico? Basta informare il personale sanitario prima dell’esame.

Allo stato attuale però la tomosintesi, pur presentando dei vantaggi rispetto alla mammografia, non la sostituisce, ma al contrario, si affianca ad essa. Infatti, da un recente studio sull’utilizzo della tomosintesi nello screening è emerso che, se eseguita insieme alla mammografia, aumenta i valori di sensibilità e specificità rispetto alla sola mammografia nella diagnosi di carcinoma mammario.